La neuropsicologia è un’ interdisciplina che si colloca nel punto di incontro tra psicologia cognitivista, neurologia, neurofisiologia e neuroanatomia.
In Italia nasce e si diffonde come disciplina autonoma nella prima metà degli anni ’60, inizialmente per opera di neurologi molto attivi in campo neuropsicologico, quali De Renzi, Vignolo, Spinnler e Faglioni. Fino agli anni ’90 rimane prevalentemente appannaggio dell’ambiente universitario, finalizzata allo studio di singoli pazienti e/o di gruppi che, attraverso l’utilizzo della metodologia sperimentale, incrementarono il background teorico di tale disciplina. Attualmente, in seguito alla diffusione del sapere neuropsicologico, la disciplina è ampiamente utilizzata in ambito clinico oltre che in quello sperimentale. Gli attuali campi di applicazione sono molteplici: in ambito diagnostico, clinico, sperimentale nonché riabilitativo. Lezak definisce questa disciplina come la “scienza applicata che riguarda l'espressione comportamentale di disfunzioni cerebrali”: da qui nasce il ruolo del professionista neuropsicologo che ha il compito di valutare accuratamente i comportamenti esternati dal paziente per poter condurre e supervisionare l’intero percorso riabilitativo del soggetto cerebroleso. La neuropsicologia clinica, distinta da quella sperimentale, nota prevalentemente per studi di ricerca, si occupa di valutazione e riabilitazione dei deficit cognitivi ed emotivo-comportamentali acquisiti dopo una lesione o patologia cerebrale. Le funzioni cognitive (attenzione, memoria, apprendimento, linguaggio, orientamento, percezione, programmazione motoria, etc.) fanno riferimento a specifiche aree cerebrali che si occupano selettivamente di ognuna di esse. Gli studi neuropsicologici hanno permesso di confermare questa tesi, dimostrando che è possibile riabilitare selettivamente una funzione cognitiva rispetto ad altre. In definitiva, la neuropsicologia si configura come una scienza autonoma in cui gli aspetti clinici e anatomici si integrano nel tentativo di comprendere la funzionalità cerebrale e le sue manifestazioni cliniche. Il neuropsicologo clinico perciò deve saper raccogliere informazioni sulla storia clinica neuropsicologica del paziente, selezionare i test e le tecniche di misura adeguate, somministrarli, interpretarli, fare una diagnosi, pianificare il trattamento, scrivere la relazione finale e dare istruzioni e consigli alla dimissione. La valutazione neuropsicologica ha come obiettivo di identificare, descrivere e quantificare i deficit a carico dei processi cognitivi (memoria, linguaggio, attenzione, ragionamento, percezione, abilità visuo-spaziali, abilità coinvolte nell’esecuzione di sequenze motorie) e delle implicazioni di tipo psicologico, affettivo e di personalità conseguenti a danni cerebrali causati da eventi patologici (ad esempio, malattia di Alzheimer, ictus cerebrale, trauma cranico, neoplasia). I processi cognitivi sono legati al funzionamento di specifiche strutture cerebrali, il cui danno può generare disturbi delle funzioni cognitive ed effetti a livello comportamentale determinando conseguenti difficoltà della persona nello svolgimento della sua vita quotidiana.